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Concorso: la tua Fan Fiction

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    Alessandra

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    Nel primo numero di alexaMagazine è stato indetto il concorso Pubblica la tua Fan Fiction. Ti piace scrivere racconti, Fan Fiction, poesie, interpretare un finale diverso per il tuo film preferito? Vorresti veder comparire la tua Fan Fiction nel prossimo numero di alexaMagazine e fargli acquisire quindi più visibilità? Allora partecipa a questo concorso: in palio ricchi premi e tanta visibilità per la tua Fan Fiction!

    COME FUNZIONA IL CONCORSO
    In questo concorso dovrete proporre un vostro breve racconto One Shot o il primo capitolo di una vostra Fan Fiction a piacere, della lunghezza di 800-1000 parole. Il concorso durerà due mesi, periodo di tempo nella quale verranno raccolte tutte le iscrizioni. Il termine del concorso coinciderà con la pubblicazione del secondo numero di alexaMagazine, dove verranno rivelati i primi tre vincitori: il primo classificato vedrà riservata alla propria Fan Fiction due pagine della rivista!

    RESTRIZIONI
    Tipologia di Fan Fiction: One Shot o primo capitolo + prologo
    Lunghezza: tra le 800 e le 1000 parole (circa 5000 caratteri)
    Tema: tema libero
    Scadenza: 28-10-10

    PREMIAZIONE
    Primo Classificato: pubblicazione, link diretto alla Fan Fiction in Home Page per tre mesi, award
    Secondo Classificato: link diretto alla Fan Fiction in Home Page per due mesi, award
    Terzo Classificato: link diretto alla Fan Fiction in Home Page per un mese, award

    ISCRIZIONE
    Per iscrivervi compilate il seguente modulo rispondendo a questa discussione:

    CODICE
    <b>Nick Name</b>:
    <b>Tipologia Fan Fiction</b>:
    <b>Titolo Fan Fiction</b>:
    <b>Numero parole</b>:
    <b>Fan Fiction</b>:


    Eventuali chiarimenti o precisazioni potranno essere fatte in questa discussione. Buon lavoro, e che vinca il migliore!

    Edited by adm90music - 5/9/2010, 16:52
     
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  2. Dr.Stark
     
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    Nick Name: Dr.Stark
    Tipologia Fan Fiction: riflessiva
    Titolo Fan Fiction: Doctor Manhattan - The End
    Numero parole: 882
    Fan Fiction: Watchmen (DC comics)

    DOCTOR MANHATTAN - THE END


    2209 D.C. - Grande Nube di Magellano
    - Quante volte ho visto una tempesta cosmica durante questa mia esistenza? Quante volte i miei occhi sono stati sfiorati dal caldo soffocante delle nubi spaziali, contrastante con il freddo gelido dello spazio?
    Innumerevoli. Molteplici. Numerose volte.
    Eppure rimango estasiato, per quanto posso, di fronte a questo spettacolo. E ogni volta, seppur so bene di non poterlo mai essere, mi sento completo. E parlo. Dopo centinaia di anni ritorno a parlare. Ma non da solo. No. Parlo con l'immensità del potere spaziale ma zittisco subito quando capisco di essere soltanto ascoltato, soltanto compreso. Ma non corrisposto.
    E così, mi sposto altrove, ad osservare la caduta delle comete, la distruzione di nebulose, la nascita di stelle, le tempeste di fuoco cosmico. Ma niente riesce ad appagare la mia solitudine.
    Niente. Eccetto il ricordo di anni addietro. I Watchmen di cui ho fatto parte, distantemente. Non ho legato con loro. Sapevo internamente di essere loro amico, sentivo un lieve strato impalpabile di amicizia e rispetto da parte loro. Ma poi, guardavo nei loro occhi e percepivo soltanto...timore. Paura. Terrore. Eccetto in Laurie. E' lei che non dimenticherò mai.
    Sarà morta. Saranno tutti morti. Laurie, Dan, Ozymandias. Sono rimasto soltanto io a calcolare il tempo. E sono passati anni e anni. Più di un secolo. Loro sono morti. Io no. I miei poteri quantici hanno modificato alla radice il mio DNA, tramutandomi in una sorta di Dio immortale. Incosciente. Solo.
    Immortale come un dio.
    Incosciente come un animale.
    Solo come un dio e un animale.
    Ho duecentoottanta anni. Dovrei essere vecchio. Essere malato. Soffrire. Temere la morte.
    E invece no.
    Il mio aspetto è perfettamente uguale a quello di più di un secolo fa, quando un incidente ad una base nucleare trasformò il mio corpo. Il mio animo. Il mio spirito. E ora sono ciò che sono. Non più Jonathan Osterman - e sento nella mia testa la voce distinta di Laurie che mi chiama affettuosamente "John" - ma il Doctor Manhattan. Un nome strano. Buffo. Ma completo, che trae la sua radice da un antico, oramai arcano, progetto americano per eliminare sul fronte della guerra tutti i suoi nemici. Io ero la loro arma. Io ero il fulcro, la forza motrice e la resistenza del progetto Manhattan.
    Ero...quanto amaro suona questo imperfetto.
    Ritorno con la mia mente sul cammino dei ricordi che interessava la mia Laurie, Silk Spectre il suo nome in codice. Ricordo di non averla mai potuta accarezzare con amore. Con affetto. Con sentimento.
    Perchè ero - e sono - il Dottor Manhattan. Dentro me stesso sprigionavo l'essenza stessa dell'amore, ma fuori...cosa dimostravo, eccetto che il nulla?
    E' questo che sono. Una maschera - cosciente di indossarla - che reclude il mio animo e non mi permette di vivere - ne di morire - come voglio. Nasconde i miei sentimenti, non mi permette di estraniarli. Questo il prezzo di un potere così vasto come il mio.
    Dimentico con estrema facilità Laurie e torno ad una fortezza, simile a quella che più di cento anni fa creai su Marte, che distantemente chiamo casa. Ma la parola casa implicherebbe anche "famiglia", "compagnia"... entro in questa struttura vuota e...rimpiango di non essere morto con gli altri sulla Terra.
    Non so cosa farne della mia vita, oramai. Non ho nessuno scopo. Nessun impegno in cui possa impiegare tutta la mia conoscenza e la mia potenza. Niente.
    Sono solo. In una galassia sperduta. Solitaria. Distante dalle altre. Sono solo...ripeto queste parole per autocommiserarmi e rendermi conto di aver reso nolentemente la mia vita...un autentico flagello. Un esperimento che pensavo mi rendesse l'essere più potente dell'Universo - e lo ha fatto - ma non l'uomo più solo del cosmo.
    Cosa fare adesso?
    Non lo so.
    Ricordare, cosa che faccio da più di un secolo, non serve più a nulla. Ed ecco che decido finalmente cosa fare. Una scelta difficile, soppesata per secoli e più, ma che non ho mai avuto il coraggio di esternare. E devo. Devo farlo. E' l'unico modo che ha un essere divino come me, come il Dottor Manhattan, per risolvere il problema della sua pressante solitudine. Non piango. Non emetto alcun gemito o lamento che sia. Non metto in luce alcun sentimento, eccetto una triste serietà che da quando sono diventato ciò che sono non sono riuscito a togliermi dalla faccia. Sollevo un braccio e apro bene la mano, raccogliendo energia attorno al palmo blu. No. Non posso mentire. Non è energia, bensì sono gli ionici gravitazionali che scorrono dappertutto nell'intero Universo. E raccolgo in me anche la luce infinita. Il buio. L'antimateria. La materia. Raccolgo in me tutta la sostanza di questo Universo e mi accingo a risolvere il mio problema. Non è egoismo. E' tristezza. E' solitudine. E' voglia di morire. Di non vivere più.
    Sto distruggendo l'Universo.
    Ma principalmente sto distruggendo me stesso e la mia solitudine.
    Sto distruggendo l'Universo.
    Ma nemmeno in questo ambiente in cui tutto viene annichilito dentro se stesso, in questo frangente di tempo in cui la materia, la luce e tutto ciò a loro annessi collidono distruggendosi l'un l'altro, questo breve susseguirsi di secondi in cui ho creato un caos implosivo...i miei sentimenti...le mie emozioni...non fuoriescono. Speravo di poter versare una lacrima. Ma niente.
    Nato uomo, morto (forse) dio.
     
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  3. jaykina22
     
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    Nick Name: jaykina22
    Tipologia Fan Fiction: one shot
    Titolo Fan Fiction: barriere in amore
    Numero parole: poche forse non lo so non le ho contate
    Fan Fiction: barriere in amore

    Siamo arrivati a casa. Dopo il successo avvenuto dal teatro Ariston,io Stella sono arrivata in quella casa,dove è iniziato tutto.
    23 Maggio 2007. Avevo solo 21 anni e come il mio migliore amico avevo la passione per la musica e anche adesso continuo a viverla.
    Chi è il migliore amico? E' Diego,ha la mia stessa età. Beh poi c'è suo fratello Luca,quel biondo pazzo che combina tutti i colori,però è sempre quel Luca di un tempo,di un tempo che lo conoscevo da quando avevo sei anni. Per un pò di tempo mi stavo innamorando di lui ma invece,ho avuto una cotta per Diego. In questo oggi,sono diventata la sua fidanzata. Eccolo lì brillare su quel palco insieme alla sua chitarra. Nel mese precedente era venuto un tizio,mi ricordo che si chiamava Roberto? Sì Roberto. Praticamente lui era venuto per una sera in un locale,dove i due fratelli si esibivano,vedendoli gli sono piaciuti parecchio,non piaciuti nel senso di uomini,ma nel senso di musica. Roberto è un produttore e sentendoli ha voluto prenderli in una casa discografica chiamata Sony Music Bmg. Ma per adesso,sono solo Luca e Diego dei Domino,non hanno ancora inciso un disco ma sicuramente lo incideranno in questo autunno. Vedo Jacopo scendere dal palco e sfiorandomi va ad abbracciare sua moglie.
    Mi giro e vedo il palco abbandonato con i strumenti. Ma dove si saranno cacciati tutti? Qualcuno mi copre gli occhi,ma sentendo l'odore so già chi è. << Diego non essere immaturo >>
    << Uffa,volevo solo farti una sorpresa >> mi disse sorridendomi,guardandomi negli occhi mi perdo in un suo bacio. Un bacio dolce,affettuoso,una bacio da amico,un bacio d'amore. D'amore che viene rinchiuso in una barriera. Apro gli occhi e gli sussuro << La sorpresa me l'avevi già fatta >>
    << Quando? >> mi disse dubbioso.
    << Quando mi avevi detto per la prima volta che mi amavi >>
    Gli sorrido e continuo a baciarlo fino a quando non viene Luca. Diego allontanandosi da me sale sul palco insieme al fratello e così iniziavano le prove. Dopo la serata,io Diego e Luca andavamo a mangiare qualcosa. Diego mi propose di dormire da loro e io accettai. Arrivati a casa,Luca posa le chiavi della macchina sul mobile e nemmeno salutarci va di sopra,probabilmente si sarà rinchiuso in camera sua. La luce del salone era spenta,forse i signori erano fuori. Sento un respiro dietro alle mie spalle,un tocco di labbra sul mio collo e infine quella voce angelica suona nel buio << Via libera >>
    << Via libera per che cosa? >> gli dico girandomi verso di lui. Non so,dal tono che aveva fatto mi preoccupava parecchio.
    << Per fare questo >> mi prese in braccio. Ehy,che cosa avrà mai in mente? Con velocità sale le scale e io nel frettempo avevo capito che intenzioni aveva,gli diedi un occhiata e lui mi sorrise vedendomi alzare gli occhi su nel cielo. Apre la porta e veramente adesso devo alzare gli occhi su nel cielo,che qualcuno lì su mi aiuti. Diego mi posa sul suo morbido letto. Lentamente mi slacci le scarpe,poi me le tolse dai miei piedi. Salendo un pò più su dalla mia gamba,mi toglie la cintura,sbottonando il bottone dei miei jeans. Le sue mani salirono sui miei fianchi e la sua bocca baciava sul mio collo,che da lì mi lasciai trasportare dalla passione peccaminosa dell'amore. Non avevo paura. Anche se ogni tanto mi venivano i brividi,io gli lasciavo fare tutto quello che voleva,perchè io con lui sono protetta al cento per cento.
    Passò un mese,venne giugno. In quel mese mi sentivo male,strana. Mentre ero in ospedale perch avevo accompagnato Diego a far visita a suo padre. Poverino si era sentito male,ma alla fine tutto è andato per il verso giusto. Infatti da quel giorno avevo paura che potesse succedere qualcosa. Qualcosa che una persona inizia ha odiarmi,ed ecco che mia sorella scoprì che io ero rimasta incinta. Ero alla terza settimana di gravidanza. Non sapevo che cosa fare? Come dovevo dirlo a Diego. Infine con tutto il coraggio che avevo,gli dissi della novità. Diego sbalordito mi abbracciò ma sua madre che aveva sentito tutto,allontanò Diego da me dandogli uno schiaffo. Lo sapevo che sarebbe andata a finire così. Lo sapevo che qualcuno non l'avrebbe presa bene. Adesso Elisa mi odia. Sì adesso,io non posso più amare Diego,perchè sicuramente lei me lo impedirà di vederlo. Infatti fu così. In due mesi,ero rimasta chiusa in casa a piangere,mia madre ogni giorno diventava matta a solo vedermi conciata così. Mia sorella era in ospedale,aveva avuto un incidente ed era rimasta in coma. Adesso veramente non so più che cosa fare. C'è una barriera che imprigiona il mio cuore. No anzi,ci sono delle barriere che imprigionano questo amore. La pancia cresce e io mi sento una stupida vista dallo specchio. Ma un giorno del mese di Agosto,qualcosa cambiò. La madre di Diego cambiò idea e per perdonarmi fece una festa dove invitò tutti i nostri amici. Diego era venuto a prendermi,aiutandomi a scendere le scale insieme alla mia sorella Jessica,arrivate mia sorella non perse occasione di stare con Luca,per fortuna che lui non si butta subito come fa Diego.
    Passano mesi,il contratto stava per scadere. Era arrivato. Quel momento era arrivato. Ariston. Esibizione. Ospedale. Vittoria.
    Lizzie era nata nella sera della premiazione di Luca e Diego.
    Un momento da ricordare per sempre.
    Dopo un mese,eccoci qui a casa. Dopo tantissime lotte. Eccoci qui. I genitori di Diego presero in braccio Lezzie,io e lui li guardavamo che si divertivano,dandole dei bacetti. Tutti amori hanno delle barriere,basta avere coraggio e abbatterle tutte,non si deve mai lasciarsi trasportare,si deve sempre tenere duro. Come ho fatto io con Diego ci sono riuscita ad abbatterle,ricordatevelo se amate qualcuno combattete per tenerlo,perchè ci sono sempre delle barriere in amore.

    FINE


    Edited by adm90music - 4/10/2010, 15:44
     
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  4. ·÷± Taty
     
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    Nick Name: ·÷± Taty
    Tipologia Fan Fiction: One Shot
    Titolo Fan Fiction: Il Tempo di Un Minuto
    Numero parole: 926
    Fan Fiction:

    Una serata come tutte le altre, io sto seduta sul mio letto, con le gambe piegate al petto e lo sguardo fisso nel vuoto.
    Nessuno è in casa, nulla si sente, solo il ticchettio dell’orologio, che inesorabilmente segna l’ora senza mai fermarsi.
    È da qualche mese ormai che sento un vuoto dentro.
    Non so spiegarmi cosa sia, so solo che è comparso dal momento in cui, la persona più importante della mia vita mi ha abbandonato, senza dirmi né perché né per quale motivo logico, abbia commesso un tale gesto.
    Mi ha spezzato il cuore, non mi sarei mai aspettata una cosa simile da lui, nei miei confronti.
    Gli ho donato il mio cuore, ho fatto di tutto per lui, ma non ha voluto accettare niente di tutto ciò, così da prendere tutto quello che gli ho donato e buttarlo via, come se nulla fosse.
    Non riesco neanche a piangere per lui, anche il mio corpo si rifiuta di versare lacrime inutili per lui.
    Lui non le merita.
    Ormai non merita più niente da parte mia.
    Sono stata una stupida senza cervello, non avrei mai dovuto farlo.
    Avevo già sofferto abbastanza per altri ragazzi, perché avevo fatto lo stesso sbaglio.
    Credevo di aver imparato la lezione, ma sono una ragazza molto sensibile, che si affeziona facilmente ad una persona.
    Sbagliando s’impara, ma io non ci riuscirò mai ad imparare dai miei errori.
    Ho un carattere talmente gentile e buono, che commetterò all’infinito sempre lo stesso sbaglio e continuerò sempre a stare male per qualcuno.
    Sono fatta così, non riuscirò mai a cambiare.
    Ancora quello snervante ticchettio.
    A volte invidio gli oggetti inanimati.
    Loro non hanno una vita propria, non sono capaci di intendere e di volere.
    Non hanno sentimenti, non sanno amare e, di conseguenza, non hanno problemi di cuore.
    Mi alzo dal letto, l’orologio mi ha fatto tornare alla realtà.
    Mi avvicino alla finestra e, scavalcando il davanzale, mi siedo sul tetto, a guardare le stelle.
    Ogni volta che volevo riflettere, mi mettevo seduta sul tetto a fissare il cielo stellato e la luna piena.
    Una stella cadente, squarcia il cielo nero come la pece e, prontamente, riesco ad esprimere un desiderio.
    Vedo in lontananza, nei campi di grano che circondano casa mia, delle piccole lucine gialle che si accendono e spengono in maniera confusa.
    È arrivata l’estate, finalmente.
    Le lucciole danno un’atmosfera romantica e serena al tutto.
    Con lui, passavo le serate intere a parlare, a coccolarci a ridere e scherzare sotto le stelle.
    Tutto è finito in un istante, troppo in fretta per potermi godere fino in fondo ogni singolo momento con lui.
    Una timida lacrima, stava per scendermi sul viso, ma riuscii a fermarla in tempo.
    Tornai nella mia stanza, stavo cominciando a sentire un po’ di freddo, mi misi il pigiama e me ne andai a dormire, con la speranza che il mio desiderio si avveri.

    Il sole e il cinguettio degli uccelli, che entravano dalla finestra che lasciai aperta la sera prima, mi svegliò dolcemente.
    Ancora tutto silenzio.
    I miei sono sempre fuori per lavoro, e non ci sono mai in casa, quindi mi lasciano sempre sola.
    Scendo le scale, per andarmene in cucina a fare colazione.
    “E questo cos’è?” mi stupisco.
    Vedo sopra al tavolo, un mazzo di rose rosse e la colazione già pronta.
    Non riuscivo ancora a capacitarmi di quello che stavo vedendo, mi pizzicai un braccio, per essere sicura che non stessi sognando.
    “Ahi!” mi massaggiai la pelle.
    No, non era un sogno.
    Mi guardo intorno, per capire chi potesse essere l’artefice di un gesto così carino e dolce.
    Mi accorgo di un biglietto, incastrato tra le foglie delle rose.
    “Buongiorno Principessa.. ben svegliata!
    Vieni in giardino, ti sto aspettando”

    Solo una persona mi chiamava “Principessa”.
    Mi s’illuminarono gli occhi leggendo quel biglietto.
    Anche se non era firmato, capii subito di chi si trattasse.
    Non mi curai del mio aspetto e uscii di corsa in giardino.
    Appena aprii la porta, vidi la persona che avrei sempre voluto rivedere.
    «Buongiorno Principessa» mi sorrise come solo lui sapeva fare.
    «Luca!» gli corsi incontro e lo abbracciai forte a me.
    Scoppiai in lacrime.
    Questa volta non ce la feci a trattenermi, lui era tutto per me, non sarei mai riuscita a non piangere.
    «Amy, sono venuto per chiedere il tuo perdono!» mi guardava con occhi tristi e spenti «Sono stato un pessimo ragazzo, ho giocato con i tuoi sentimenti e ti ho fatto soffrire. Ho pensato molto in questi giorni e sono arrivato alla conclusione, che una ragazza come te, non riuscirò mai a trovarla!» non mi levava il suo sguardo di dosso «Potrai mai perdonarmi?» mi si inginocchiò davanti e chiese il mio perdono.
    Lo guardai con gli occhi lucidi per vari secondi.
    Non sarei mai stata capace di respingerlo: il mio cuore, voleva a tutti i costi che lo perdonassi e anche io lo volevo.
    «Sì!..» scoppiai ancora in lacrime e mi inginocchiai anche io e lo baciai come non feci mai prima d’ora.
    Sentivo di nuovo la felicità girarmi in corpo.
    Non mi ricordavo come ci si sentisse.
    Era una sensazione stupenda, finalmente l’avevo ritrovata.
    Ma soprattutto, avevo ritrovato Lui!
    L’uomo dei miei desideri.

    La notte passata avevo desiderato di poter rivedere almeno una volta ancora Luca.
    Non mi aspettavo che facesse tutto ciò, mi bastava solamente rivederlo, anche da lontano.
    Ma le cose sono andate meglio del previsto.
    Il mio desiderio si era avverato.
    Nel tempo di un minuto, sono riuscita a ritrovare tutto quello che, con il tempo, la tristezza mi aveva portato via.

    Fine

     
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    Nick Name: tibi86
    Tipologia Fan Fiction: One shot
    Titolo Fan Fiction: I'm waiting for you (Supernatural)
    Numero parole: 804
    Fan Fiction:

    “Basta, sono stanco.”
    Chiudo il libro sbattendolo, facendo volare la polvere intrisa tra le pagine. Del pulviscolo mi solletica la gola, tossisco.
    “Ehi, Dean. Stai bene?”
    No, non va affatto tutto bene!
    “Certo! Dovresti togliere questa polvere, morirò soffocato.”
    “Piantala.”
    Alzo le mani in segno di resa, scuoto la testa e mi dirigo verso il bagno. Poggio le mani sopra il lavandino, lo specchio riflette i miei occhi lucidi e arrossati. Mi sembra quasi di vedere papà dietro di me: stai prendendo la decisione giusta, mi direbbe. Ma è davvero così? Non sto sbagliando? Combatto contro la voglia di uscire da questa porta e confessare a Sam quello che sto facendo. Prendo un respiro e mi infilo dentro la doccia. No, dirgli tutto per cosa? Voglio che si goda questi momenti, che li assapori uno per uno. Voglio che l'ultimo ricordo che abbia di me sia un sorriso, una battuta. Lo faccio davvero per lui? O è per me?
    Dirigo il getto dritto sul mio viso. Serro i pugni fino a quando i rivoli di acqua calda, quasi bollente, scendono lungo la schiena. Vengo scosso da un brivido, chiudo gli occhi e mi rilasso, lasciando che la doccia faccia il suo dovere.
    Una ventina di minuti e sono a posto. Rimetto i jeans e la maglietta che avevo gettato sopra il mobiletto, ci manca solo che mi metta in tiro! Mi fermo giusto qualche istante ancora per guardarmi allo specchio, giusto per controllare di avere un'espressione decente.
    “Forza e coraggio, Dean!”
    Esco dal bagno con uno dei miei sorrisi migliori, passo dal cucinino tornando con due caffè.
    “Tieni.”
    Sorseggio lentamente, annusando l’odore intenso della bevanda, concentrandomi su quel colore nero. Chiudo gli occhi, mi devo calmare. Il riflesso nel caffè fa vedere i miei occhi color nero liquido, come quelli di un demone. Scuoto la testa, tentando di scacciare dalla mia testa l’immagine del mio io infernale.
    Vedo Sam combattere per restare sveglio, è ora. Mi alzo andandogli vicino
    “Dormi Sammy, dormi.”
    "Non... posso... io" si agita, lottando contro le mie braccia.
    "Va tutto bene Sammy. Va tutto bene, c'è ancora domani. Rilassati." mento, sospirando. La droga ha dato l'effetto sperato: Sam si è accasciato sul tavolo privo di sensi. Poggio la mia giacca di pelle sopra le sue spalle, dopo avergli lasciato un biglietto con le coordinate di dove trovare l'Impala.
    Indugio per un istante sulla porta. Lo guardo immerso nel sonno un'ultima volta. Cerco di stamparmi nella mente quel volto quasi tranquillo, di imprimermi bene ogni lineamento del suo viso. Qualsiasi cosa mi succederà là sotto, non voglio dimenticare il motivo per cui ho prenotato un soggiorno eterno tra le fiamme dell’Inferno. Ringrazio di non avere avuto un'allucinazione in questo momento ed esco dalla stanza, chiudendomi la porta alle spalle.
    Ventitré e cinque minuti. Premo di più il piede sull'acceleratore. Apro il finestrino e accendo la radio, I'm waiting for you risuona per tutto l'abitacolo. Gli occhi fissi sulla strada che mi porterà alla fine del mio viaggio.
    Il vento gelido della notte mi scompiglia i capelli, ho la pelle accapponata per il freddo.
    Un cartello con la scritta Greenville mi distoglie dai miei pensieri. Ci siamo. Scendo dall'auto, dopo averla parcheggiata sotto un albero, al sicuro. L'entrata del Cimitero è di fronte ai miei occhi, indugio. Cerco di trovare la forza di staccare la mano dalla maniglia della portiera
    "Andiamo Dean, non fare il coglione adesso."
    Chiudo gli occhi per un attimo, inspirando e gettando fuori l'aria dalla bocca. Sbatto le mani sui pantaloni, tentando di asciugarne il sudore: non è nei miei progetti morire infilzato da un cancello. Sono dentro. Non devo faticare per trovare quello che sto cercando, la tomba della mamma è lì, di fronte a me. Sono paralizzato, non riesco a muovere un muscolo; soltanto il bip dell'orologio che mi ricorda essere le ventitré e trenta mi distoglie dalla mia completa immobilità. Sospiro.
    "Dean non essere ridicolo, accidenti!"
    Mi avvicino passo dopo passo, lentamente, tenendo lo sguardo basso fino a quando quasi non inciampo. Mi siedo a gambe incrociate osservando la scritta in oro.
    "Sai... E' la prima volta che vengo qui..."
    Sbuffo, trattenendo una lacrima
    "Scusa per papà, per non aver protetto Sammy fino in fondo. Scusa per averlo lasciato da solo in questa merda di mondo."
    Porto le mani sul viso, decisamente sollevato.
    "Scusa..."
    Superato lo scoglio iniziale, le racconto dell'infanzia di Sammy: le scuole che frequentavamo da bambini, i suoi voti eccellenti già a quell'età, la prima volta che è uscito con una ragazza...
    Non mi rendo conto del tempo che passa fino a che non lo sento. Eccolo lì, in posizione di attacco. Sorrido:
    "Credo rimarrai a bocca asciutta, cucciolotto. Non mi metterai le tue fottute zampe addosso, figlio di puttana."
    Carico la pistola, puntandola alla testa.
    "Ci vediamo all'Inferno."
    Premo il grilletto.
     
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  6. Dea Bastet
     
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    Nick Name:Dea Bastet
    Tipologia Fan Fiction:drammatico
    Titolo Fan Fiction:Perchè a me?
    Numero parole:458
    Fan Fiction:originale

    CAPITOLO 1
    Mi accasciai sulla porta.
    Era l’ennesima volta che mio padre alzava le mani su di me di questo mese.
    Non c’è la facevo più.
    Sempre le solite parole.
    Sempre le solite ferite che ogni volta si aprono.
    Mi guardai allo specchio che avevo davanti alla porta.
    Lo sapevo che non dovevo metterlo davanti alla porta quel specchio maledetto!
    Vedo in me solo macchie nere che devastano la mia faccia.
    Sangue che mi esce dal naso e che si mescola alle mie lacrime.

    Ricomincio a piangere.
    Perché mio padre c’è l’aveva con me?
    Che colpa ne ho io se è stato deciso che io avrei continuato a vivere e che invece i miei due fratelli l’avrebbero finita proprio quel giorno?
    È stata solo una vostra decisione. Io non c’entro!
    E allora perché se la prende con me?
    Non ci ricava niente.
    Solo la mia tristezza che di giorno in giorno cresce.
    Ormai era da tempo che continuava questa storia.
    Io non avevo avuto una bella infanzia.
    Un infanzia che nessun bambino dovrebbe avere.
    L’unica che mi aiutava ad andare avanti era solo mia mamma e i miei due fratelli.
    Adesso che ho detto fratelli magari qualcuno pensa che forse i miei due fratellini con cui ero nata sono stati salvati.
    Ma non è così.
    Questi due fratelli. Un fratello e sorella erano stati adottati.
    Forse per compensare i due fratelli perduti.
    Forse per dare più amore a loro.
    Di sicuro l’intenzione di mio padre.
    Mi venne fuori un sorrisetto pensando a questo.
    Di sicuro. Meglio dare amore a dei bambini che sono stati adottati piuttosto che darlo alla propria figlia che ha causato rabbia nei propri confronti.

    Provo ad alzarmi e mi riesce difficile visto le molteplici botte che ho ricevuto.
    Vi chiederete di sicuro voi lettori ma tua mamma non dice niente? Bè lei non c’è quasi mai quando mio padre mi mette le mano addosso. Quelle poche volte che c’è riesce a far durare questo supplizio qualche minuto. Ma oggi che non c’è non ho idea del tempo passato a prenderle e a rispondere alle sue offese.

    La porta di casa si apre.
    Sarà o mia mamma che torna o mio padre che và fuori a fumarsi una sigaretta.
    Una voce femminile.
    Sbagliato. È la mamma che è tornata.
    Un punto agli avversari.
    Stasera ci sarà una bella cenetta con i colleghi di papà.
    E io? Ovviamente in camera mia.
    Peggio del primo film di Harry Potter.
    Meglio se vado in cucina a prendermi qualcosa così almeno sgranocchio qualcosa.

    Come al solito mia mamma ai fornelli.
    Mia sorella Giulia che aiuta mio fratello a fare i compiti.
    La solita scena famigliare.
    Mio padre invece sul divano che guarda il giornale e che fa finta di non vedermi.
     
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  7. ~ A r i e l
     
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    Nick Name: ~ A r i e l
    Tipologia Fan Fiction: one shot - avventura/fantasy
    Titolo Fan Fiction: Narbeleth
    Numero parole: Aww, non le ho contate, comunque non molte!
    Fan Fiction:





    Una brezza fresca ma pesante aleggiava sulla Vecchia Foresta e la lucentezza del crepuscolo lasciava che tra i nodosi alberi si formassero danze di luce filtrata.
    Il fiume scorreva pacato, come a voler bisbigliare segreti ad orecchie in ascolto e, proprio al suo fianco, prendeva posto la valle del Sinuosalice.
    Le fronde di antichi alberi carezzavano il terreno e la loro robusta corteccia si infittiva di pari passo con l'addentrarsi della Foresta, il vento suonava silenzioso e la rugiada si sdraiava pian piano sugli steli e sull'erba.
    Anche se non poteva vederli, sapeva che alle sue spalle si estendevano i minacciosi Tumulilande, che se avesse percorso l'intera Foresta in direzione nord-ovest avrebbe facilmente trovato ristoro a Buckburgo, oppure che dirigendosi a nord-est sarebbe giunta a Brea...
    Eppure sapeva, sentiva, che non era quello il momento per abbandonare quegli alberi.
    Anche se non era la sua casa, lì si sentiva al sicuro. Protetta. Si fidava del parere del vento e della voce degli arbusti.
    La Vecchia Foresta le aveva offerto un riscatto, nonostante avesse dovuto abbandonare tutto, ora il suo cuore poteva permettersi lo sfizio di dimenticare, per qualche minuto. Per qualche ora. Poteva smettere di soffrire.
    Il tormento no, non l'abbandonava, ma era in grado di liberarsi dalla morsa dei ricordi, se solo si lasciava trasportare dalla vita che scorreva in quel luogo.
    Una cosa alla volta, si ripeteva.
    Trascorreva così le serate, su di una piccola altura nascosta dalla fitta Foresta, a guardare il tramonto oppure, se esso non era visibile, l'assemblarsi delle nubi e la pioggia cadere, e adorava ascoltare la gioia degli alberi assaporarla.
    Quando rientrava, non si curava granchè delle preoccupazioni che le serbavano, affermava di essere molto simile a un fusto, la pioggia non la scalfiva ma la cresceva.
    Poco dopo anche loro impararono a capirla e quando ella rientrava la sera, occasionalmente la notte, non sorgevano più domande preoccupate, anzi, veniva accolta da un pasto caldo ed abbondante e dal crepitio del focolare acceso.
    Era stata fortunata a ritrovarsi accolta in un posto così piacevole e tranquillo.
    D'improvviso, però, una voce la destò dai suoi pensieri, richiamandola alla realtà.
    -Niniel...il crepuscolo ha lasciato spazio alla notte da ore...
    Niniel... così qui mi chiamano. La fanciulla in lacrime.
    Il pensiero la colse accompagnato da un sospiro, dimentica in quelle ore del nuovo nome con cui si era posta in quella terra.
    -E' una calda notte questa. E le stelle sono luminose.
    -Questo te lo concedo, ma credo sia ora di rientrare. La cena ti aspetta, ed anche io e la Dama del Fiume vorremmo giovare della tua compagnia. Suvvia, vieni con me!
    -Verrò. Ma non prima di aver ricevuto un tuo parere.
    Si fermò un attimo ad ascoltare il sibilare del vento tra le fronde degli alberi.
    -La foresta è turbata. Qualcosa la scuote. Gli alberi comunicano sommessi.
    L'uomo si fermò e come ella aveva fatto poco prima, emise un silenzioso sospiro.
    -Troppo audace fui nel credere che la Foresta ti potesse ingannare! Sai ascoltare bene, mia cara amica! Qualcosa ha turbato la foresta, è vero. Ma ancor non sono riuscito a scoprire cosa sia. Domani mi metterò alla ricerca, ma ora torniamo a casa, niente scalfirà la Vecchie Foresta stanotte!
    -Oscuri sono i tempi di questa Era, amico mio, e certezza non vi è più alcuna.
    -Queste sono parole di Raminghi! Ma nella Vecchia Foresta, finchè ivi sarò io, minaccia alcuna potrà infierire! Seguimi a casa, Niniel! Sono sicuro che un bel sonno possa facilitare i pensieri del giorno seguente, dunque oblia i tuoi turbamenti, riposa! Domani potremo riparlarne.
    La ragazza si alzò da terra e abbandonò l'albero al quale ogni sera si sedeva a fianco e si avvicinò all'amico.
    -D'accordo Tom. Credo tu abbia ragione. L'ora di tornare a casa è giunta ed io comincio a provare stanchezza, anche se abbandonare la Foresta in questo momento mi lascia inquieta.
    -Suvvia giovane dama, non preoccuparti! Sovente la Foresta è scossa, ma spesso ciò da cui si sente minacciata non le farebbe alcun male. In ogni caso, resiste da moltissimi secoli, credo perciò che se per una notte andiamo a coricarci essa riuscirà a sopravvivere.
    Detto ciò le regalò un sorriso amichevole e prendendola per mano la condusse verso casa, cantando con voce soave e forte.
    Vecchio Tom Bombadil è un tipo allegro;
    ha gli stivali gialli e la giacca blu cielo!

    Niniel si rilassò e, giunta alla dimora, si sedette a tavola con Tom e la Dama del Fiume, consumando insieme una cena ricca ed allegra.
    Quando fu l'ora di coricarsi però, non riuscì a trovare conforto.
    Si addormentò inquieta così come si era alzata al mattino.
     
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  8. Simply--->Ele!
     
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    Nick Name: Simply--->Ele!
    Tipologia Fan Fiction:avventura(prologo+primo capitolo)
    Titolo Fan Fiction:Mary e i tre moschettieri
    Numero parole:546
    Fan Fiction:


    Mary ei tre moschettieri
    AVVISO:questa storia sarebbe una piccola rienterpratazione del bellissimo romanzo di Alexandre Dumas,i 3 moschettieri. Perciò non vi stupite se alcuni personaggi sono gli stessi del libro!Dedico questa fanfiction a tutti i fan di questo libro.
    Buona lettura dalla vostra Ele!
    Capitolo 1
    L’arrivo a Parigi:l’inizio dell’avventura!


    Era il 21 marzo dell’anno 1625,e sulla strada di Orleans il sole splendeva nel cielo.
    Una giovane ragazza,un po’ bassa per la sua età e dai lunghi capelli biondi,andava a cavallo a Parigi.
    La ragazza aveva dei bellissimi occhi azzurri e aveva 15 anni. Era né troppo magra né troppo grassa. In realtà questa ragazza veniva dal 2010,infatti grazie a una macchina del tempo ..Mentre era avvolta nei suoi pensieri,un ragazzo gli scagliò addosso un sassolino.
    Lei si fermò,scese da cavallo e disse:
    -senti,io non ti ho fatto niente,perché mi sfotti?-
    Il ragazzo si alzò e disse:
    -muoio di fame!dammi qualcosa!-
    Lei prese la sua borsa e tirò fuori un panino col salame:
    -tieni-disse lei
    -sono stanco!-si lamentò il ragazzo-tu dove vai?-
    -a Parigi-
    -bene portami con te!-e salì anche lui sul cavallo.
    -come ti chiami?-
    -Antoine,e tu?-
    -io mi chiamo Maria! -
    -comunque grazie per il passaggio!-.
    Camminando,giunsero a Versailles,e decisero di sostare a una locanda. Dopo aver mangiato,ripresero il cammino e a mezzogiorno arrivarono a Parigi.
    -puoi scaricarmi qui-disse Antoine. -E adesso dove andrai?-chiese Mary-Bo,non lo so. cercherò un lavoro e mi affitterò un appartamento-rispose Antoine.
    -Addio antoine-disse Mary.
    -Addio e grazie di tutto!-rispose lui.
    Mary vide che aveva ancora in tasca mille pistole e andò in un’osteria a chiedere se c’era un appartamento da affittare.
    Lo trovò in rue de fosseyeurs,al numero 11
    Non scaricò nemmeno le valigie che andò in corsa al palazzo dei moschettieri. Mentre saliva le scale,vide una moltitudine di moschettieri che camminava per il corridoio o parlava con qualcuno sugli scalini. Tutti la guardarono in modo strano e si misero a borbottare tra loro
    *ecco tutti mi guardano perchè sarò la gallina in mezzo ai galli!*pensò terrorizata.
    Quando finalmente arrivò nell’anticamera, si mise seduta su una panca e guardò la stanza.(L'anticamera era a quei tempi,la sala d'attesa dei giorni nostri)molti erano in piedi e parlavano.Mary si sentiva sola e isolata perchè non sapeva che fare e non aveva nessuno con cui parlare.
    *che faccio?*pensava poi guardò un tizio accanto a lei con occhiali alla harry potter che leggeva un libro e pensò:* mica posso mettermi a parlare con uno sconosciuto?già mi immaggino:
    -ciao chi sei?sai,sono appena arrivata a parigi,e non conosco nessuno.Visto che tutti parlano e io non so che fare,mi faresti il piacere di parlare un pò con me?-*
    no no non poteva farlo!
    Il tizio,spaventato dal fatto che mary lo fissava zenza ragione,si spostò dall'altro lato della stanza.
    Si girò in cerca di qualche faccia simpatica,ma nessuna gli ispirava simpatia,finchè non vide un giovane moschettiere dai capelli blu che parlava con un altro ragazzo. Era alto e magro,serio e elegante nel portamento,doveva avere 18 anni.Si notava subito che era educato e che nonostante indossasse la semplice casacca,appartenesse a un rango più elevato. Guardò di rado Mary.*finalmente una faccia onesta!* pensò.
    All'improvviso,sentì come un brivido detro di sè.


    questo è solo l'inizio di una grande storia.Niente è impossibile:ci vuole solo la buona volontà.gli opposti si attragono,lo sapevate?


    All’improvviso,il moschettiere si congedò dall’amico per avvicinarsi a Mary:
    -Salve,siete nuova?-chiese lui
    –sì……………….-rispose Mary
    -Come vi chiamate?- -Maria e voi?-
    -Io sono……..- ,ma non finì la frase che un tizio ciamò dal gabinetto(ufficio) del capitano:
    -Salterio,il signor Capitano vi attende!-
    Mary si alzò a malavoglia,mentre si dirigeva nell’ufficio del Capitano.
    FINE
     
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    Nick Name: ChibiRoby
    Tipologia Fan Fiction: one short
    Titolo Fan Fiction: Thoughts in the moonlight
    Numero parole: 544
    Fan Fiction: anime/manga (Kamikaze kaitou Jeanne)


    Thoughts in the moonlight

    P.O.V Maron

    È quasi passato un mese da quando i miei genitori sono tornati a casa e finalmente viviamo tutti e tre insieme come una vera famiglia, questo mi rende molto felice ma devo ammettere che Fin mi manca moltissimo, sono sicura che un giorno la rivedrò.
    -Ciao Maron.- la voce de mio Chiaki mi risveglia dai miei pensieri, mi volto verso di lui e gli sorrido radiosa.
    -Ti vedo pensierosa, qualcosa non va?- mi chiede con uno sguardo pieno di dolcezza che ha solo con me.
    -No, stavo solo pensando a Fin, mi manca molto.- rispondo tristemente.
    -Ti capisco..- inizia Chiaki poggiando le braccia dietro la testa – anch’io sento molto la mancanza di Access, anche se a volte non andavamo d’accordo gli ero affezionato.- confessa guardando dritto davanti a se con sguardo serio.
    Sospiro appoggiandomi alla ringhiera del balcone mentre osservo la luna, può sembrare strano ma ogni volta che la guardo, mi sembra di vedere il volto della mia piccola amica.
    All’improvviso sento due forti braccia cingermi dolcemente la vita.
    -Non dovresti passare da un balcone al altro è pericoloso!- lo rimprovero voltandomi verso di lui.

    P.O.V Chiaki

    -Non dovresti passare da un balcone al altro è pericoloso!- mi rimprovera tanto lo so che non è veramente arrabbiata, lo capisco dal meraviglioso sorriso che le illumina il volto quando si gira verso di me.
    Non resisto, ho una voglia matta di baciare le sue morbide labbra, lei sembra capirlo: chiude gli occhi e socchiude le labbra in un tacito invito a baciarla ed io non me lo faccio ripetere due volte, mi avvicino lentamente pronto ad assaggiare per l’ennesima volta il suo dolce sapore di cui so già che non mi stancherò mai.
    -Maron vieni la cena è pronta!- la chiama suo padre spezzando l’atmosfera creatasi. E addio bacio!
    -Scusami Chiaki ma devo andare. - mi sussurra staccandosi dolcemente dal mio abbraccio e correndo dentro lasciandomi qui fuori con un palmo di naso, deluso e anche un po’ geloso.
    Sono sempre stato geloso di Maron, non ho mai sopportato che Noir e molti ragazzi della nostra scuola avessero una cotta per la mia bellissima Maron, devo ammetterlo sono sempre stato gelosissimo di lei, ma da qui ad essere geloso della sua famiglia ne passa di acqua sotto il ponte!
    -Sono un caso disperato!- ammetto con un sospiro mentre osservo la luna.
    -Speravo di trovarti ancora qui.
    -Maron.- sussurro, ma non ho il tempo di dire altro che lei, il mio angelo mi si butta tra le braccia e mi bacia.
    Sono davvero molto sorpreso… nel senso positivo ovviamente, fin da quando siamo diventati una coppia sono sempre stato io a baciarla, lei non ha mai preso l’iniziativa penso mentre rispondo al bacio e la stringo più forte a me.
    -Wow!- sussurro quando parecchi minuti dopo ci stacchiamo ansimando.
    -Prima non ti avevo salutato come si deve.- mi dice a mo di spiegazione con un sorrisetto furbo dipinto sul volto.
    Si volta e rientra in casa – Buona notte Chiaki.- mi sussurra entrando in casa e chiudendo la porta finestra dietro di se.
    -Buona notte amore mio!- sussurro a mia volta preparandomi a passare dall’altra parte con un sorriso ormai ne sono certo, non potrei vivere senza di lei.


    Fine
     
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  10. Without_Loved
     
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    Nick Name: Without_Loved
    Tipologia Fan Fiction: romantica
    Titolo Fan Fiction: The song of my heart
    Numero parole: 1000 precise precise
    Fan Fiction:

    Lui, come al solito, non mi fissava, troppo preso dalle sue amichette troppo snob perché mi prendessero in considerazione; io, una semplice studentessa di quarta di un istituto professionale della mia città e lui, il più carino della scuola, nonché un attore molto promettente, aveva già fatto dei provini ed era stato scelto per fare un film; la cosa all’inizio mi aveva stupito, sono davvero insulsa.
    <<buongiorno… oggi è una bellissima giornata, proprio ideale per confessarsi al ragazzo che ami>> sorrise dolcemente la mia miglior amica, vedendomi di colpo avvampare alla parola “confessarsi” e “che ami”; a volte non sapevo se godeva a vedermi così, per risposta le feci un gran sorrisone, ma infondo volevo strozzarla, lasciarla senza fiato, proprio come facevo io quando vedevo il mio amato Nathan.
    <<lo so che mi vuoi un bene dell’anima… anche se non lo confessi>> infatti io gliene voglio, tranne quando vuole che mi confessi ad un ragazzo che amo; infondo sono una ragazza timida e impacciata, faccio molti errori anche se forse sono loro a trovarmi, infondo, pensandoci bene sono troppo distante al suo stile di vita e questo tutti lo sanno, persino quelle ocone delle sue amiche, lo so, la verità fa male e per di più quando sai di non poter avere quello che tu vuoi. Alyson, era troppo presa ad abbracciare il suo ragazzo, per concentrarsi su di me e sul mio problema; intanto lui si stava avvicinando a me con passo felpato, lasciandosi dietro le sue amiche, che subito lo seguirono a ruota di collo.
    <<ciao cuginetta, ma hai trovato un nuovo ragazzo? Ogni tre per due te ne trovi uno nuovo?>> chiese Nathan alla cugina Alyson, cercando di incrociare lo sguardo con il nuovo ragazzo della partente; per un tratto pensai che guardasse me, purtroppo il mio pensiero venne bruscamente interrotto dalla fidanzata del mio grande amore, l’aveva preso da parte e dato un grosso e appassionato bacio sulle labbra, la cosa non mi face niente, anzi non me ne accorsi neanche, solo quando si staccarono mi resi conto di quello che era successo.
    La scuola iniziò come al solito, educazione fisica alle prime ore, seguite da francese per altre due e matematica. Le lezioni non mi esaltavano molto, l’unica cosa è che almeno potevo stare insieme a i miei amici, nonché i miei compagni di classe, che non avrei mai lasciato per nulla al mondo; forse per lui sì, ma ora il mio pensiero era rivolto alla partita di pallavolo che era cominciata da neanche un minuto e sembrava avere già un vincitore, certamente la squadra dove ero stata fiondata, senza i miei amici, non aveva ancora giocato, visto che ce n’erano ben tre.
    Durante l’ora di francese io messaggiai con un ragazzo conosciuto sulla chat scolastica, il brutto di questa cosa era che c’erano nickname e non i nomi delle persone come nei social network, infatti lui si era fatto soprannominare §Destiny§ e io mi facevo soprannominare, almeno lì, Sweet_star; questo nomignolo mi ricordava tantissimo quando mio padre, il mio defunto padre, mi chiamava, ogni padre di solito chiama la propria figlia “principessa” o “farfallina”, invece io ero stata abituata ad essere chiamata piccola stella, però l’avevo trasformato in inglese per fare più scena.
    <<alyson, mi ha chiesto se dopo la scuola ci possiamo vedere… che faccio?>> le chiesi disperata appena lessi il nuovo messaggio da parte del misterioso ragazzo, quanto volevo che fosse Nathan che mi chiedesse di uscire; la mia amica non mi fece nessun cenno né con la testa né con i diti, anzi mi aveva guardato e noi ci capivamo così, solo quando si trattavano di monosillabi, si no per noi sarebbe stato un vero dilemma. Risposi subito al messaggio, senza titubare dopo aver captato il messaggio dello sguardo da parte della mia miglior amica, se avessi aspettato un pochino avrei potuto cancellarlo e finirla qui.

    Alla fine delle lezioni ero tesa come una corda di violino appena accordata, non mi era mai successo, il cuore batteva a mille, la gola bruciava e non riuscivo a respirare bene; presi la cartella e mi diressi dritta verso la porta d’ingresso, purtroppo, sfortuna vuole che uno dei miei compagni si parò davanti di me, era stato avvertito dalla bocca larga della classe, che aveva recepito il mio messaggio.
    <<hey… stai attenta, pensa se fosse un maniaco o un pedofilo? Io e Alyson ti staremo dietro e controlleremo la situazione, prima che ti succeda qualcosa… però non far tardi, si no perdiamo l’autobus>> era la prima volta dopo anni che lo conoscevo che mi sorrideva di cuore, la cosa mi fece sentire protetta e al sicuro, qualsiasi cosa mi poteva succedere loro due erano lì con me. Questa giornata non poteva essere così sfortunata per me, infatti aveva incominciato a piovere ed io ero senza ombrello.

    <<ehi… ciao, come stai? Tu sei per caso Sweet_star?>> mi chiese una voce da dietro le spalle, non sapevo chi fosse, ma la sua voce mi era famigliare, anche troppo; mi voltai e vidi Nathan, che mi aveva messo sopra la testa il suo ombrello.
    <<sì, sono io… per cui tu saresti Destiny? Wow… non mi sarei mai immaginata di trovare proprio te… io ti vengo dietro da anni, però tu non te ne sei mai accorto>> dissi scoppiando in lacrime, lui mi prese il volto tra le sue mani, così morbide ed avvicinò il suo al mio, per poi darmi un bacio appassionato.
    <<sciocchina… tu mi piaci, come hai fatto a non accorgetene? Io stavo sempre con quelle solo per farti ingelosire>> sorrise e mi ribaciò di nuovo, questi due baci erano stati i più belli della mia vita. Subito dopo ci fidanzammo, la cosa stupì la mia povera madre, che ormai si era rassegnata a non vedermi con un ragazzo, e i miei amici.
    Restammo sempre insieme, anche se la nostra storia sembrava come quel film con Hilary Duff, non lo era proprio, infatti ci spossammo subito appena la scuola fu finita, circa due anni dopo.

     
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    Nick Name: ~KatyPerry
    Tipologia Fan Fiction: One Shot
    Titolo Fan Fiction: Bing me to life
    Numero parole: 941
    Fan Fiction:


    How can you see into my eyes...

    La sua musica era tutto per me,qualcosa che neanche lui si immaginava di creare dentro la mia anima,ma intanto ci riusciva.
    Ogni volta che ascoltavo la sua voce mi sentivo stordita,persa,vuota dei miei sentimenti e piena dei suoi,che fosse rabbia,che fosse ffrustrazione,che fosse amore,io lo sentivo.
    Non parlavo con nessuno se non con lui,astralmente,non era vicino a me,non poteva esserlo,non mi conosceva,non sapevo che vivevo solo per lui e forse non lo avrebbe mai saputo.
    Fui una delle sue prime fan,più di una volta mi ha incontrata,ma non avrei mai pensato che si sarebbe ricordato di me.
    Come fare allora per fargli sapere che esistevo?

    ...Save me,call my name and save me from the dark...

    Glielo chiedevo ogni volta che lo sognavo,ma non succedeva niente.
    Ossessionata com'ero non riuscivo a distuinguere il sogno dalla realtà.Non parlavo da mesi,chiusa sempre nel mio mondo con lui.
    Segregato nel mio cuore raggrinzito sarebbe stato al sicuro per molto tempo.
    Ogni tanto mi svegliavo nel cuore della notte,perchè avevo un dolore allucinante al petto,credevo lui volesse uscire dal mio corpo.
    Mi stringevo allora con tutta la forza il punto in cui sentivo dolore.
    <<non Devi uscire!>> Gli sussurravo come se fosse davvero per colpa sua e non per l'ossessione!

    ...Frozen inside,without your touch,without you love...


    Senza il suo amore non sarei sopravvissuta un momento di più;così decisi di andare da lui,dall'altra parte del paese.
    Ci andai senza problemi,dovetti attraversare la mia paura di rapportarmi con la gente,e ci riuscii.
    Tutto per lui,estremamente tutto!
    Sarei stata pronta a sacrificarmi per la persona che amavo e che era la stessa che mi aveva fatto sentire bene nei precedenti anni della mia vita.

    ...With me...

    Ero arrivata davanti casa sua,orde di ragazzine mi circondavano.
    Le schivai tutte ad una ad una sententomi prendere per pazza.
    <<ma cosa ne volete sapere voi di chi sono io?>> Sussurrai senza farmi sentire da nessuna di loro.
    Arrivai davanti alla porta,sperando che magari una notte fosse entrato in contatto con i miei sogni e mi avesse sognato a sua volta.
    Bussai,mi aprì lui stesso,perfetto e impeccabile come sempre.
    Arrossii
    Era in accappatoio.
    <<hey ma io ti conosco>>Mi disse
    Io sorrisi e mi si infiammò il viso dallo stupore e dalla gioia
    Non gli risposi,ma lo abbracciai di istinto sotto gli sguardi invidiosi di tutte le altre ragazze.
    Mi invitò poi ad entrare,poi ad andare nella sua stanza.Accettai.
    Inziò a sussurrarmi parole dolci mai sentite da nessuno nei miei confronti,mi accarezzò dolcemente i capelli,poi infilò le sue mani sotto la mia maglietta e me la tolse;lo lasciai fare,mi tolse anche la minigonna,poi fece scivolare le sue mani sulle mie gambe portando quella destra intorno al suo girovita.Si tolse l'accappatoio e iniziò a penetrarmi,in modo deciso.
    Non volevo farlo con lui e quindi cercai di divincolarmi per circa quattro volte dalle sue baccia,ma non ci riuscii.
    Poi diedi una spinta forte al suo ventre e mi lasciò.
    Scappai via in preda al panico,dovetti ripassae tra quelle ochette che ora mi sembravano draghi alati e possenti pronti ad uccidermi.
    Corsi via e decisi di rotornare a casa.
    Alla stazione mi rannicchiai in un angolo per terra...

    Bring me to life...

    La disperaazione era troppa,presi il treno per tornare a casa.Non feci avvicinare nessuno al mio posto a sedere e tutto il viaggio lo passai da sola.
    Il momento in cui le sue mani toccarono i miei capelli biondi,in cui si trovavano sotto la mia maglia,quando mi prese e mi portò con se nella sua stanza.
    Scrollai la testa per annullare quei pensieri e involontariamente le mie lacrime andarono a bagnare le mie mani.
    Le leccai.
    Un brivido mi percorse la schiena...
    Non riuscivo più a pensare ad altro,la persona più importante della mia vita mi aveva tradito.
    Vidi un precipizio.
    Presi la borsa.
    Andai in cabina di comando.
    Chiesi al macchinista di fermare il treno.
    Aprì le porte.
    Andai verso il burone.
    Guardai giù.
    Aria calda sul mio viso.
    Chiusi gli occhi e mi buttai.
    Qualcosa mi fermò.
    <<lasciatemi!>> Urlai,avevo ricominciato a parlare con altre persone.
    <<non ti lascio!>> Mi disse
    Avevo ancora gli occhi chiusi.
    Li aprii leggermente e notai un uomo che mi teneva il braccio,un poliziotto.
    Mi aiutò a rialzarmi,mi sistemò lontna dal burrone,nella sua macchina.
    <<che stavi facendo?>>
    <<non si è capito...>> Gli dissi
    <<e perchè volevi...?>> Mi chiese insistente
    <<perchè mi hanno spezzato il cuore>>
    <<amori stupidi...>>Rispose
    <<non quando c'è violenza...>>
    <<cosa?Sono un poliziotto,dimmi nome,cognome ed indirizzo!>>
    <<no!>>Risposi in modo secco e deciso
    <<ma perchè no?>>
    <<perchè lo amo>>
    <<ti ha fatto del male>>
    Non lo guardavo negli occhi
    <<almeno mi permetti di accompagnarti a casa?>>
    <<ci vorrei andare da sola!>>
    <<e come?A piedi?>>
    <<potrebbe anche essere>> Lo stavo sfidando
    <<no!Ti riaccompagno,qui decido io!>>Disse deciso.
    <<e io non le dirò dove abito!>>Giocherellare con quel poliziotto mi aveva fatto dimenticare quello che era successo prima <<ok va bene glielo dirò!>>
    Gli indicai la strada,mia madre sicuramente mi stava cercando,arrivai sotto casa mia,non ce la feci a salire per 10 minuti,poi presi tutto il coraggio che avevo in corpo e salì gli scalini ad uno ad uno come se stessi camminando sui carboni ardenti.
    Piano piano arrivai davanti alla porta di casa mia.
    Bussai.
    Mia madre aprì e mi abbracciò.
    Io ricambiai il suo abbraccio dopo un po,mi scesero di nuovo lacrime leggere questa volta,di felicità.
    Ora ero tra le mura casalinghe con la persona più buona e gentile di questo mondo.
    Dopo il nostro lungo abbraccio mi affacciai alla finestra e osservai l'auto del poliziotto ancora sotto casa.
    Suonò il clacson e se ne andò.
    Ma qualcosa mi diceva che lo avrei rivisto ancora...
     
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  12. TheBlackStorm91
     
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    Nick Name: TheBlackStorm91
    Tipologia Fan Fiction: One Shot
    Titolo Fan Fiction: Chaser Of Dreams
    Numero parole: 842
    Fan Fiction: scritta durante l'ascolto di "April Rain" dei Delain. E' un misto di sentimenti. E' come mi sento, sotto un altro aspetto.


    Cade la pioggia, fresca, su di me. Sono fuori, nel balcone di casa mia, aspetto che Sam mi venga a prendere. Ma lo farà mai? Lo aspetto da una vita, ma non si è mai degnato di venire. Il che è anche comprensibile: non abbiamo mai avuto un appuntamento, o meglio, nemmeno sa che esisto. Intanto le ore passano ed io sono sempre qui, con una stupida rosa tra i capelli, come se quella fosse capace di rendermi bellissima. Passano le ore e mi sveglio. Mi sveglio da questo incubo o sogno, come dir si voglia. Mi alzo grondante di sudore, mi lavo la faccia e inizio una nuova giornata. Mi vesto con i soliti stracci quotidiani, capaci soltanto di nascondere qualche rotondità che vuole farsi notare. Esco di casa e sorrido. Mi dirigo alla stazione e sorrido. Vado a lavorare e sorrido. Ma perchè sorrido? Non ci sarebbe da sorridere conoscendo la mia vita, ma cerco di nascondermi dietro una maschera di vetro, fragilissima, dove chi la tocca può ferirsi e riuscire a romperla, lasciandomi così mostrata nella mia verità.
    Inutile che faccia un discorso senza un'inizio: la mia vita è tutta chiusa in delle mura che hanno visto, giorno dopo giorno, il sangue di una vita. Le storie difficili tra mia madre e mio padre, la mia voglia di superarle e trovare una fuga per uscire dall'incubo, un via libera per esprimere i miei desideri da ragazzina. Eppure son cresciuta, nonostante, chi mi conosca, non lo noti. Non credo di essere immatura, piuttosto affronto le cose con leggerezza perchè nella mia vita, potete credermi, di leggero non c'è stato mai niente. Ogni avvenimento era forte, pesante come il passaggio di un elefante nella savana, e il rumore del suo passaggio era ascoltabile a qualsiasi distanza, anche a chilometri e chilometri dal punto dove era avvenuto. Come lui, quel passo d'elefante arrivato sul mio corpo, che non mi ha nemmeno avvisata. E' passato, e ci è rimasto. La sua impronta è su di me, è visibile a chiunque. Eppure nessuno se ne accorge.
    Ogni giorno mi ripeto una frase: segui i tuoi sogni. Seguili, vai avanti, soddisfa i tuoi bisogni, capisci chi sei, cattura tutti gli attimi della tua vita, anche i meno importanti, per ricordartene nei momenti di vuoto interiore. Quel vuoto dove sono sempre stata inghiottita, quel vuoto che non mi fa respirare, quel vuoto che mi fa soffocare sott'acqua, senza poter risalire. Sprofondo nel dolore delle mie lacrime, e mi faccio del male. Per questo non sono mai da sola: anche a costo di circondarmi di persone antipatiche o cattive, io ho sempre qualcuno accanto. Perchè so, che nel silenzio, la mia vita non sarebbe mia.

    << Amanda? Amanda? Mi senti? >>
    Una figura è davanti a me, e mi trova con una faccia da pesce lesso immersa nei miei pensieri. Metto a fuoco: è lui, è Sam.
    << Certo che ti ascolto! >> sorrido. Non capirà mai che stavo pensando a lui, non sa leggere nei miei occhi, o meglio, non ci ha mai provato realmente.
    << Ascoltami, oggi dovremo lavorare insieme. Ordine del capo! Che ne dici se andiamo a prenderci qualcosa? >>

    No, non ci credo. Ricado in catalessi. E' un appuntamento o cosa? Io e lui ci siamo salutati qualche volta, ma non abbiamo mai parlato. Mai.

    << Ecco, ci sei ricaduta. Amanda? >> dice Sam.
    << Tranquillo, sono connessa. Beh guarda, per me va bene! Dimmi un orario e ci incontriamo... >>
    << Facciamo... adesso? Sono già le 13! >>
    << Che cosa? >> dico stupita. Possibile che oggi dalle 9 alle 13 non abbia fatto altro che pensare?
    << Dai, vieni.>>
    Ha un sorriso bellissimo. Dovrebbe fare la pubblicità del dentifricio, l'ho sempre pensato.

    Un pò timida anche nei movimenti, mi alzo dalla sedia.
    Non ci credo. E' un sogno!
    Infatti lo è.
    Sembrerà davvero buffo, ma mi sono addormentata anche a lavoro. Ormai passo le notti piangendo, avvolta tra le coperte ed il cuscino.

    Lo ammetto. Sono depressa. Ma non per colpa sua. La mia depressione inizia due anni fa, quando ancora io ero minorenne. Quando sono scappata di casa. Quando, ad accogliermi, c'era mio zio, che non ha fatto altro che abusare di me. Inizia da quando l'ho denunciato, perdendo i miei familiari che non credevano ad una cosa del genere. Comincia quando è ricominciata la mia nuova vita, che fonda le sue radici su quella vecchia, facendomi precipitare in un pozzo infinito. Credevo, credo, e credo ancora che Sam è la via d'uscita a tutto questo, ma non posso dirlo. Il mio è un ragionamento irrazionale, non compiuto a ragion veduta.

    Vado tre volte a settimana da uno psicologo: lì mi sento davvero bene, posso parlare di tutto senza essere giudicata. Ma questo non lo sa nessuno. A volte scrive in un foglio e io lo guardo perplessa ma, puntalmente, a fine lezione, mi mostra quel foglio dove trovo parole da me dette, e sotto una possibile soluzione. Sembra un giochino, ma mi fa sentir bene, mi fa venir voglia di scoprire cosa succederà la prossima volta... L'ultima volta che sono andata c'era disegnato un cuore. Fate voi!

    Edited by TheBlackStorm91 - 17/10/2010, 17:47
     
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    Tipologia Fan Fiction: OneShot, Shonen-ai, Introspettivo, Storico
    Titolo Fan Fiction: Guillotine
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    Fan Fiction: Hetalia: Axis Powers

    Osservava il vino all’interno del suo bicchiere.
    Lo faceva ondeggiare, soffermandosi di tanto in tanto a scrutare ogni singolo riflesso creato dalla luce che filtrava dalla finestra: il liquido pareva quasi carminio, come il sangue.
    Fortunatamente mentre lo saggiava, posando le labbra sulla fredda superficie, poteva notare che il suo sapore era decisamente lontano da quello ferroso che il suo colore ispirava.
    Degli schiamazzi giunsero alle sue orecchie, distogliendolo da quella sua attenta osservazione. Ma non si chiese che cosa stesse accadendo lì per le strade, ma aveva il vago sentore che poco più in fondo alla via, in una delle piazze di Parigi, si stesse svolgendo un’altra esecuzione. Non sapeva esattamente quante ne erano già state compiute quel giorno, ma sicuramente quella non sarebbe stata l’ultima.
    Tante erano le persone che si opponevano alla loro idea della Nazione e tanti erano i traditori dei loro ideali, nei quali lui, Francia, credeva fermamente. Si fidava di Maximilien, e se lui e il suo Comitato dicevano che quelli stavano ostacolando il nuovo Regime, lui era più che favorevole alla soppressione di quelle persone.
    Quindi, se la ghigliottina era l’unica via per mettere fine alla vita degli infedeli, era ben felice di poterla utilizzare.
    Era uno strumento di morte, certo, ma veramente utile, veloce e indolore: la testa veniva tagliata via di netto. Niente a che vedere con le vecchie decapitazioni e le impiccagioni, nelle quali spesso infatti capitava che il capo non si staccasse del tutto dal corpo dell’imputato o che il cappio non fosse stretto bene.
    Fatto sta che con la ghigliottina tutte le morti erano state rapide e senza inutili perdite di tempo.
    Francia portò ancora alla bocca il bicchiere, sorseggiandone il contenuto, ritrovandosi quasi a mugolare per il piacere nel sentire il vino scivolargli in gola. Ottimo come non mai. Non era poi così diverso da quelli che era solito bere alla corte dei vari Re che si erano succeduti in quegli ultimi secoli, ma quello aveva un gusto completamente diverso: sapeva di libertà.
    Ovviamente, la vita a Corte non era orribile, anzi, tutt’altro: dimorare accanto ai Sovrani significava ricevere doni, partecipare a lunghe feste ed essere sempre attorniati belle donne ed aitanti soldati. A Francia era sempre piaciuto quel divertimento spensierato e spesso senza freni ma, con il passare del tempo, anche lui aveva iniziato ad avvertire il bisogno d’indipendenza del suo popolo, e i suoi desideri si erano trasformati: dalla necessità di partecipare a sfrenate feste di Corte, a quella di eliminare la monarchia in favore della libertà.
    Lentamente, la sua presenza alle riunioni segrete, che si tenevano tra gli scontenti dell’operato dei membri della Corona, si fece sempre più attiva, e fu proprio durante quelle lunghe notti - nelle quali ascoltava e comprendeva le lamentele del suo popolo - che conobbe Maximilien de Robespierre.
    Un giovane molto intelligente e dalle idee ben chiare, ed anche carino quel che bastava per attirare la sua attenzione anche oltre la semplice conoscenza - non era di una bellezza che lasciava senza fiato, ma era passabile secondo i gusti di Francia.
    Avevano parlato spesso in quelle riunioni ed altrettanto frequentemente si erano anche incontrati al di fuori, rinchiudendosi in comode camere da letto, approfondendo la loro amicizia. Era divertente ritrovarsi con quell’uomo, giacere con lui era soddisfacente e, raccontarsi delle loro avventure amorose e non era ancor più rilassante, ma mai quanto era interessante la venerazione di Maximilien nei suoi confronti.
    Si ricordava ancora con un sorriso - e con un’innegabile vena narcisista che si gonfiava facendolo gongolare - una breve discussione che avevano avuto, quasi per scherzo.

    “ Ti dovresti sposare, sai? Hai avuto tante donne e molte, erano anche molto propense ad unirsi in matrimonio con te.”, gli aveva detto, sorseggiando del vino, mentre se ne stava semidisteso sul materasso.
    Maximilien l’aveva guardato ed aveva scosso la testa, rispondendogli con un serio: “ Come posso sposarmi se tutto il mio amore e tutta la mia venerazione possono essere solo rivolti alla Francia?”
    Lì per lì aveva riso, l’aveva baciato e si era detto lusingato di quei sentimenti, e lo era davvero: amava essere amato, tanto quanto gli piaceva amare.

    Con quei pensieri terminò la sua bevanda e, alzandosi - quasi senza rendersene conto -, si avviò verso l’uscita della sua abitazione. Capitava spesso, in quel periodo, di avvertire i sentimenti dei suoi connazionali e, in quell’istante, sentiva la paura, il malcontento e la voglia di mettere fine a quel Terrore che imperversava per la Francia.
    Camminò lento, lasciandosi investire da tutte quelle emozioni che, come era accaduto prima della sua Rivoluzione, gli fecero mutare idea. Lui d’altronde era la Francia, aveva dei sentimenti propri, ma doveva prima di tutto pensare a quelli della sua gente e, guidato da quello, raggiunse la prigione dove, proprio poco prima, era stato rinchiuso Maximilien.
    Si salutarono con un semplice gesto del capo e restarono vicini, in silenzio. Non c’era bisogno di parlare per comprendere i reciproci pensieri, né era difficile capire la sorte di quell’uomo che tanto aveva dato per la Francia ma che, assuefatto dal potere, si era lasciato sfuggire di mano la situazione.
    Fuori da quella cella la ghigliottina lo attendeva ed ancora una volta la Nazione si ritrovò ad elogiare quello strumento di morte, veloce ed indolore, ma che, forse, sarebbe stato meglio iniziare ad usare con moderazione... almeno dal giorno successivo.
     
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    Semplicemente…



    -Ma tu lo ami?
    Banale.
    Scontato.
    Spietato.
    Semplicemente Boris.
    Il capitano della Neoborg si concesse un sorriso appena accennato; in tanti anni il compagno non era cambiato: sapeva ancora usare quel tono che dava alle sue parole l'aspetto di diamanti dalle mille facce. E non pietre dalla trasparente lucentezza, ma gemme nere come le tenebre, che serbavano tra l'oscurità infinite sfaccettature.
    D'altronde il buio aveva sempre fatto parte della loro vita, o forse era più corretto dire che loro erano parte del buio di quelle mura antiche.
    Gli occhi di ghiaccio si nascosero alcuni istanti dietro le palpebre, quasi sperassero che, nell'istante in cui avrebbero di nuovo guardato la prospettiva della stanza, la domanda e colui che l'aveva posta non si sarebbero più trovati lì. Un desiderio inespresso che non venne accontentato.
    Difficile sbarazzarsi di Boris quando si avventurava in simili conversazioni: avrebbe atteso una risposta anche a costo di dover aspettare fino alla glaciazione dell'Inferno. Anche se quella risposta avrebbe potuto spezzare per sempre le ali ai suoi sogni.
    Aveva posto una richiesta all'apparenza semplice, celando all'interno una trappola inclemente e precisa: come un ragno operoso, aveva tessuto con pazienza la sua ragnatela, riunendo in un unico centro milioni di fili.
    Quattro parole, ma bastavano per ingabbiarlo.
    "Ma tu lo ami?"
    Era come chiedere se sapesse cosa fosse l'amore; se il lupo della steppa, cresciuto con odio e violenza, conosceva il profondo significato dell'amore; se era in grado di provare quel sentimento o si limitava ad una sterile emozione che donava un lieve palpito ad un cuore atrofizzato.
    Ed oltre quei mille strati superficiali, c'era l'altra faccia, la peggiore.
    "Lo ami o ho ancora una speranza?"
    Dietro ogni domanda, alla fine, ce n'era sempre un'altra. Una a cui era ancora più difficile rispondere.
    Yuri non aveva problemi a dire la verità, anche se terribile, anche se poteva distruggere una persona cara: ne aveva avuto abbastanza delle bugie con cui era stata imbottita la sua infanzia.
    Eppure esitava, prendeva tempo.
    E non perché temesse di ferire Boris; la sua era paura, sì, ma di ammettere che quel qualcosa iniziato quasi per gioco fosse divenuto una cosa più seria di quanto immaginasse; o di guardare in faccia la realtà e capire che i sentimenti del blader del Falco erano forti e non potevano essere ridotti alla semplice amicizia.
    Tirando le somme, era quello il problema: pur inseguendo sempre la verità, non era semplice darle voce se questo costringeva a fare i conti con la propria anima. Ma sapeva che l'amico non si sarebbe accontentato di un "Non so".
    C'era un unico modo per uscire da quella scomoda situazione.
    -Cambierebbe qualcosa?- chiese, con il tono di chi conosceva già la risposta.
    -Probabilmente no- disse l'altro, accennando ad un sorriso. -Ma è scorretto rispondere a una domanda con un'altra domanda.
    -Non ho mai giocato secondo le regole- replicò il rosso, puntando su di lui uno sguardo complice.
    -Anche questo è vero- convenne, arrendendosi. In fondo, qualsiasi risposta avesse dato Yuri, non sarebbe davvero cambiato niente: il fatto che amasse o meno Kei non avrebbe fatto desistere il cuore di Boris. Si alzò dal letto, avviandosi verso la porta e fermandosi un istante. -Cerca solo di non restare scottato, va bene?
    Il ragazzo sospirò: un'altra domanda, altri interrogativi nascosti.
    Ma questa volta non aveva dubbi.
    -Se succederà, avrò sempre il vento accanto a me.
    Il compagno uscì dalla stanza, ma prima di svanire oltre alla porta, sussurrò:
    -Puoi contarci, Yu.

    FINE
     
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  15. Simply--->Ele!
     
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    scusate ma chi ha vinto?
     
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